Webinar 9 dicembre

Riportiamo un estratto dell’intervento di Riccardo Trentin alla conferenza Disease Empowerment Advocacy Leadership D.E.A.L. WEBSEMINAR PLATFORM dal titolo: “Un secolo di innovazione nella cura del diabete. Cosa ci riserva il futuro? “Emergenza sanitaria e centralità del paziente “ 

Ho sempre creduto che tra le armi strategiche nella cura delle malattie rientri l’educazione che crea consapevolezza. Educazione alla salute come prevenzione-promozione, all’interno di una concezione del benessere inteso anche come espressione culturale.  Non a caso nel titolo della mia relazione ho richiamato il termine Rivoluzione a intendere la necessità di introdurre dei cambiamenti nell’approccio ai processi educativi che sensibilizzano le persone sui fattori di rischio e sugli stili di vita che aiutano a contrastare la comparsa di malattie o a limitarne la progressione..

Da presidente di una organizzazione rappresentativa di persone con diabete credo che la parola chiave di tale rivoluzione passi per il concetto di responsabilità. Le persone devono potersi sentire parte attiva di un processo sociale di educazione alla salute, chiamate ad attivare comportamenti finalizzati a promuovere, per sé e per gli altri, la salute intesa come “ uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale “ secondo la definizione dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS 1948).  

La necessità di tale approccio è particolarmente urgente nella mia regione.

La Sardegna infatti è una delle aree geografiche d’Italia con il più alto tasso di prevalenza di diabete tipo secondo ma si trova in media con l’Italia per l’aspettativa di vita, nonostante la pandemia 

Occorre riflettere su un dato scientifico oramai acclarato:  “per alcune malattie come il diabete di tipo 2 siamo noi a predisporci alla patologia, con “stili di vita “non adeguati e, direi, contrari alla nostra stessa biologia”.

Non è superfluo ricordare che alcune malattie dell’età matura potrebbero essere evitate, come attestato ampiamente dalla letteratura scientifica. I dati evidenziano infatti che oltre il 50% delle malattie croniche dell’età adulta come le patologie cardiovascolari, respiratorie e il diabete di tipo 2 dipendono dal nostro comportamento, lo stile di vita appunto.

Ma cosa si dovrebbe fare per prevenire queste malattie croniche come il diabete, tipiche della società dell’opulenza e della contemporaneità? 

Sicuramente non fumare, non bere superalcolici, non aumentare di peso, fare esercizio intellettuale, dormire circa sette ore al giorno e fare esercizio fisico. Queste sono alcune delle fondamentali raccomandazioni delle comunità scientifiche.   

Ma perché tutto ciò non accade? 

Probabilmente abbiamo dimenticato il significato della parola prevenzione.

Spesso e paradossalmente anche noi  rappresentanti delle associazioni di persone con diabete rivendichiamo a gran voce  il Diritto alla Salute ma ci dimentichiamo di un fondamentale dovere,  quello di far sviluppare la Cultura della Prevenzione/Promozione. Il nostro moto dovrebbe diventare “PROMUOVO  BENESSERE”. Lo dobbiamo in primo luogo a noi stessi, senza dimenticare che questo impegno è anche un dovere sociale, legato al principio di solidarietà richiamato dalla nostra Costituzione. L’art. 32 della Costituzione inoltre stabilisce l’universalità e gratuità delle cure, garantite attraverso il Servizio Sanitario Nazionale. Il mantenimento in salute ha un importante riflesso sulla sostenibilità economico-finanziaria di tale sistema che dovrebbe essere impiegato solo per le malattie non prevenibili e per favorire una più armonica integrazione dell’individuo nel suo ambiente, a tutela della suo benessere globale..

Abbiamo necessità di un cambio di paradigma che ponga al centro dell’attenzione la Prevenzione/Promozione, con lo scopo sia di evitare le malattie croniche prevenibili che di agire anche sui vari fattori connessi alla salute, sia personali, sia ambientali o sociali, secondo una concezione del benessere che consideri la persona integrata nel suo sistema naturale e sociale. Questo cambiamento culturale e civico dovrebbe partire in primis dal mondo associativo delle persone con diabete, con il sostegno delle comunità scientifiche, attraverso un vero e proprio patto per la salute. Alleanza necessaria per sviluppare azioni di sensibilizzazione delle Istituzioni Sanitarie orientate a creare le condizioni affinché la Prevenzione sia all’apice dell’attenzione.

Tale cambiamento culturale ha come presupposto l’affermazione del modello di Educazione Sanitaria centrata sul dialogo educativo. 

A 100 anni dalla scoperta dell’insulina, la diabetologia ha raggiunto traguardi inimmaginabili ma per produrre una cambio di modello culturale centrato sulla prevenzione occorre invertire la tendenza alla medicalizzazione della società.

Una rivoluzione culturale centrata sulla prevenzione del diabete di tipo 2 richiede tempo, energie e risorse economiche. Un ruolo fondamentalmente è svolto però dalle associazioni di persone con diabete che devono assumere una veste propulsiva, accelerare il processo e indicare una direzione. 

Ritengo che alcuni strumenti li abbiamo e sono disponibili, a partire dal ruolo fondamentale delle Istituzioni Scolastiche che andrebbero sempre attivamente coinvolte, secondo quando indicato dalla nuova agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Inoltre sarebbe indispensabile l’istituzione di una scuola di formazione per i futuri dirigenti amministrativi del SSN che inserisca tra i programmi e gli obiettivi formativi proprio la cultura della Prevenzione.

Pensare infine nuovi modelli di Medicina del Territorio che implementino  la   Cultura della Prevenzione/Promozione per il diabete di tipo 2 negli schemi organizzativi dei propri servizi.

Queste sono alcune proposte e riflessioni che contribuirebbero a ridurre l’incidenza della patologia diabetica attraverso le buone pratiche della prevenzione/promozione, agite a partire da una nuova consapevolezza culturale delle stesse associazioni delle persone con diabete.  

Riccardo Trentin